Descrizione breve
Ristampa fotomeccanica
formato 17x24, pp. 374, brossura
L’epilogo delle avventure vaniniane è socratico. Sia detto una volta per sempre, allo scopo di sbarazzare il terreno da ogni specie di inintelligenza o di sospetto. Ma, al di là delle analogie apologetiche del socratico, o, a dirne altra fra le tante possibili, del bruniano, c’è il Vanini, cioè l’individuabile insopprimibile che finora la critica storica non era riuscita a definire, neppure nelle linee nelle quali oggi, in qualche modo, si precisa. Malgrado le frettolose conclusioni di critici apologetici o demolitori, il Vanini rimaneva una sfinge. La sua opera irriducibile ad ogni ricostruzione unitaria. I risultati più cospicui non andavano oltre il facile compito di risolvere l’esteriore dualismo di ortodosso e di eterodosso. Nessuno rimarcava le resistenze nel caos dei particolari elementi naturalistici che il pretesto dell’eristica, addotto dallo stesso Vanini, mal copre, né le resistenze di uno stile dalle proteiformi varietà. IL Vanini non appare a volta a volta doverso. È diverso. Taluno, come il Leibniz ed il Bucker, pensò ciò che dipendesse da pazzia. E l’un secolo rimandò all’altro il problema di questa unità, senza risolverlo. L’unità c’era, fissata dal Vanini nell’epigrammatico solenne della morte. Non si trovava però il modo di arrivarci attraverso le opere.