Descrizione breve
pp. 182, 17 x 24 cm
Collana: Dipartimento di Filologia Classica e di Scienze Filosofiche.
“Testi e Saggi” n° 38
Il volume ricostruisce le fondamentali linee teoriche della scientia animastica di Marco Antonio Genua, sottolineandone la peculiarità rispetto all’averroismo sigeriano del Pico e del Nifo e la forte componente polemica nei confronti di quei pensatori che, come il Pomponazzi e il Porzio, tentavano, sulle orme di Alessandro di Afrodisia, un’integrale riduzione naturalistica della scienza dell’anima. Il tema della medietà dell’anima, tipicamente neoplatonico, diventa nel Genua il presupposto teorico per rivendicare l’autonomia di una scientia animastica che si pone, appunto, come media tra metafisica e fisica. L’anima intellettiva, l’ultima delle intelligenze che presiede l’orbe terreno, è considerata, seguendo il commento di Simplicio, in un duplice statuto ontologico: come intelligenza in se manens essa condivide la perfezione delle altre intelligenze ma, nello stato di progressio, innesta la facoltà intellettiva, che è propria della sua essenza, sulla cogitativa dell’uomo, rendendola partecipe della conoscenza degli intelligibili puri. Essa funge, perciò, da forma assistente e non informante, come voleva il Nifo, e per il Genua rientra perfettamente nella classica definizione che Aristotele dà dell’anima, quale atto di un corpo organico che ha la vita in potenza, poiché tale definizione deve essere intesa nel suo valore analogico e non univoco. Ma il distacco dall’aristotelismo e la forte componente neoplatonica si manifestano anche nella funzione attribuita ai phantàsmata, semplici occasioni di cui l’anima intellettiva si serve per contemplare quegli intelligibili puri che essa sempre conserva nella sua condizione di immanenza, sicché risulta sminuita l’importanza del processo astrattivo. E gli intelligibili, costituendo i principî primi di tutta la realtà, giustificano anche l’assoluta priorità che, nella gerarchia delle discipline, la scienza dell’anima intellettiva detiene, avendoli come proprio oggetto.